Non respingermi dalla tua presenza

e non privarmi del tuo santo spirito”.

(Salmo 51, 13)

 

 

Di fronte all’insistente richiesta, formulata da sr. Virginia, di poter parlare al Cardinale, il Card. Federico Borromeo, sul principio ignora la cosa, ritenendola frutto si “donneschi delirj” ma dopo aver a lungo esitato, come ci informa il Ripamonti, anche se “non credeva assolutamente all’indole di costei, ne riteneva che le richieste delle altre fossero abbastanza ragionevoli, … dopo che l’ebbero stancato più spesso con quelle richieste, ora per lettera ora attraverso lo stesso sacerdote che aveva la guida e la cura delle loro anime, egli si decise infine ad andarvi e a metterla alla prova”.

Quale fosse l’atteggiamento inizialmente assunto dal Cardinale e di quale tenore e quali fossero, più o meno esattamente, le parole usate dal Borromeo nell’iniziare il suo incontro con sr. Virginia, ci dà notizia il Mongilardi, biografo, oltre che medico personale, del Card. Borromeo. Egli, relazionando quell’incontro, annota che “così le parlò: “E così dunque, femmina spudorata, non ti vergogni di presentarti al tuo Pastore? E così dunque tu, infame, osi anche stare davanti ad un presule? Tu, del tutto indegna di stare sulla terra, degna piuttosto di ogni supplizio, degna di essere rinchiusa tra due pareti, finché sei viva, come pure di essere sepolta all’inferno, una volta morta. Di’, su, di’ chiaramente una buona volta se sei proprio quella stessa che in passato era tanto potente! Non sei stata abbastanza punita sino ad ora? Desideri ancora che si faccia ricorso a carceri più strette, che ti siano comminati supplizi più severi? Che vuoi, femmina miserabile? E stai attenta a non alzare gli occhi impudichi, indegni di fruire e godere la luce”. Sr. Virginia, seppur con tutta probabilità annichilita per tanta durezza mostrata dal Prelato, il quale, in qualità di Pastore della Diocesi Milanese, nella mente e nel cuore di sr. Virginia, rappresentava il Signore e, quindi, “teneva il posto di Dio”, resta “supplice, in ginocchio, tutta bagnata di lacrime, sporca, piangente e singhiozzante, aveva potuto a malapena pronunciare una sola parola; nondimeno implorava il perdono, pronta nuovamente a sostenere ciò che il Pastore dovesse decidere per i suoi numerosi crimini”.

Il Cardinale, inizialmente almeno, non dà segno di “impietosirsi” di fronte all’umile atteggiamento di sr. Virginia. Infatti, come annota il Mongilardi, “allontanati da qui”, aggiunse il severo pastore, “e vai subito e di nuovo al tuo solito posto, mentre io rifletto attentamente a ciò che devo fare”. Sr. Virginia ubbidisce e, rialzatasi, “Se ne andava già … vacillante sulle gambe, spaventata”, probabilmente pregando, in cuor suo, il Signore che “non la respingesse dalla sua presenza e non la privasse del suo santo spirito” come, invece, almeno apparentemente, stava facendo il Cardinale, suo “rappresentante”.

È a questo punto che, ci informa sempre il Mongilardi, “per caso, egli notò che quella indossava una veste lacera e molto vecchia” (probabilmente ancora il suo abito religioso, con il quale era stata murata ben quattordici anni prima) e “mosso da affetto paterno, la richiamò e le rivolse parole più affabili”.

Sr. Virginia, allora, con tremore e titubanza, gli espone le esperienze sopranaturali avute.

Sulle prime, però, il Cardinale, “nel prestar fede alle parole, ebbe la stessa titubanza che aveva nutrito nel prendere quella decisione, e per sondare più a fondo l’anima di lei accrebbe il rigore e la severità delle parole… “avendo la donna intrapreso un divino ammirabile parlare, tanto più sospetto quant’era più elevato”.

Dopo i “trascorsi” di sr. Virginia, la prudenza e la perplessità del Card. Borromeo, sono più che comprensibili e giustificabili, se non “doverosi”. La stessa sr. Virginia si mostrava perplessa e timorosa nei confronti di quanto andava accadendole e, nel parlarne al Cardinale, “aveva cominciato ella stessa con parole timorose ed esitanti ad esporre come si sentisse mossa dalla divinità, e vedesse celesti cose, e passava a moti ed agitazioni, quali soglionsi allorchè l’animo dal corpo è tolto, e levato coll’estasi in cielo. Dicea d’aver veduto gli angeli, spesso udite voci più che umane, ed altre cose, vere sì, ma che ella stessa aveva in sospetto di ludibrj, e d’arti e fallacie dèi demonj, onde le avea volute esporre a lui come le avvenivano, per sollevar la coscienza: e ne chiedeva perdono. Non aggiunse altro”.

Attenendosi forse a quanto egli stesso aveva scritto, alcuni anni prima, a riguardo del comportamento da tenersi nei confronti di presunti casi di estasi, visioni e simili (“Di fronte alle estasi bisogna essere circospetti, per ovviare a pericolose conseguenze … la circospezione ed il timore rappresentano uno scudo validissimo contro i pericoli delle novità e delle curiosità … Occorre dunque procedere con i piedi di piombo; pregiudizialmente bisogna dubitare”) il Card. Federico, che “per profondità di teologia e per lunghe, meditazioni era attentissimo a tali giudizj,… per notar la differenza del vero e del falso, tôrre gli errori e le allucinazioni nelle umane menti prodotti dalla vanità propria, o dalla malizia dei demonj”, nei confronti di quanto sr. Virginia va narrandogli, si mostra guardingo e, sebbene “dall’attento ascoltare ogni cosa della donna, e paragonare fra sè e colla nuova forma di vita e costumi” si era convinto “ch’ella non cianciava cose vane, pure non mostrò di accondiscendere o d’approvar nulla”, e, mostrandosi freddo, quasi scostante, come annota il Ripamonti, “con volto sospeso l’ammonì a por mente al come avesse espiato le antiche colpe, prima di cercare come conseguire le celesti consolazioni”.

Così -annota il Ripamonti- disse alla donna, ma tra sè e sè pensava la grandezza della divina clemenza, la quale ha sì gran braccia che accoglie presto e liberalmente chiunque le si rivolge: e mandando veloci a pari de’ nostri sospiri il perdono, spalanca il cielo, e l’anime terse dalla lordura, ineffabilmente a sè congiunge, e di grazia ricolma”.

Il Ripamonti continua informandoci che il Card. Borromeo “ordina quindi che i di lei diportamenti vengano sempre più diligentemente osservati, e gliene sia reso minuto conto; come altresì s’ella fosse per chiedere altri colloqui con lui, ed impaziente fosse per ottenerli; sendoché, come già ebbi a dire, sentendosi conquiso dalla grandezza di quel caso, e dai prodigi di cui quella Donna, quasi fossero colpe, si confessava, temeva d’aver egli a cadere in colpa se alla costei gloria e santità avesse ricusato di prestarsi, direi quasi, ostetricante benigno”.

Inoltre, dall’ “oscuro e schifo angolo del monastero, ove nessuna prima di lei avea posto stanza, giacché pel bujo e la lordura quella parte si teneva indegna d’abitarvi”, e dove sr. Virginia continuava a vivere per suo desiderio e libera scelta, per disposizione del Cardinale, “fu comandata passare a cella chiara e monda, domicilio acconcio a confortare lo spirito per giocondità d’assetto e d’aere: quanto alla disciplina e fogge di vivere, ch’è dire quanto alle astinenze, penitenze, silenzio a cui s’era avvezza, fu lasciata libera di far a modo suo, e progredire come le piacesse, per quell’asro calle che l’adduceva al Cielo”.