Sr. Silvia Corona Casati: l’amica superficiale

“Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente”
(Salmo 55, 14)

 

Sr. Silvia, al secolo Camilla Corona Casati è maggiore tre anni di sr. Virginia e, delle quattro suore che aiutano e “coprono” sr. Virginia nella sua relazione con Gio Paolo, è la meno “amica” e, perciò, anche la meno “addentro”.
La testimonianza da lei fornita durante i due interrogatori cui fu sottoposta, risultano, a nostro avviso, fredda, quasi distaccata. Interrogata, risponde alle varie domande che le sono poste, senza reticenze ma, anche, senza sentimento né partecipazione emotiva.
“Io so che tra detto Osio e suor Virginia era affettione –dice- perché lui mandava alle volte delle cose a lei et essa similmente ne mandava a lui, ho sentito dire da sr. Benedetta et sr. Ottavia, che si parlavano ancora insieme detto Osio e sr. Virginia Maria … et mi conferivano queste cose per esser io amica di tutte loro et si confidavano con me.” ma aggiunge subito che “tutte le monache tenevano detto che detto Osio fosse nel monastero”.
Nell’ambito della sua deposizione, ammette la sua colpevolezza ma, al contempo, sottolinea e quasi evidenzia “la colpa” delle altre, che lei ritiene e definisce colpevoli quanto lei se non in maniera superiore.
“M’accorgevo - dichiara infatti - che sr. Ottavia sr. Virginia Maria et anco sr Benedetta, venevano qua alla porta del monastero la notte (sr. Silvia, in quel periodo, aveva l’ufficio di portinaia) … et mi davano ad intendere che venevano al finestrino della porta a parlare con Gio Paolo Osio, ma una volta sendomi levata per curiosità di sapere cosa facevano alla porta sentei … che aprivano la porta  et perché … mi lasciai intendere … che havevo sentito aprire la porta et … esse mi raccontarono ridendo che aprivano la porta, et che suor Virginia Maria stava ivi con l’Osio”
Sr. Silvia, messa così al corrente non solo dell’amicizia intercorrente tra l’Osio e sr. Virginia, ma anche del fatto che Gio Paolo si incontra con sr. Virginia sulla porta della clausura, entra a far parte del gruppo delle suore complici. Con quale stato d’animo non ci è dato di saperlo, dato che, in nessuna fase dell’inchiesta, né palesa i suoi sentimenti interiori nè mostra di avere qualche “dilemma di coscienza”.
Nel proseguo dell’interrogatorio, spiega che, “sopragiunse poi l’invernata et a Natale detto Osio cominciò ad entrare nel monastero che la prima volta che esso entrò sr. Virginia Maria me n’avvisò dicendomi di più che dovessi far la guardia che alcuna monaca non sopravenesse poiché la camera mia era contigua alla sua” ed ammette le sua complicità fattiva aggiungendo: “Che esso (l’Osio) entrasse spesso come ho detto lo so perché mi son trovata con sr. Ottavia o con sr. Benedetta, o con sr. Candida Colomba ad introdurlo perché tutte le soprannominate sono colpevoli, et havevano mano in questo fatto quale ha continuato sin a quel tempo che fu condotta via suor Virginia Maria che in ponto detto Osio era dentro al monastero nella camera di sr. Benedetta et erano da quindeci giorni che ci dimorava parte nel camerino di sr. Ottavia, et parte in quello di sr. Benedetta”
Con questa ultima precisazione sul fatto che l’Osio, rifugiatosi in monastero, si nascondeva or nella camera di sr. Ottavia, ora in quella di sr. Benedetta, sr Silvia, nonostante ammetta apertamente la sua colpevolezza, sembra voler particolarmente insistere sull’amicizia stretta che legava sr. Virginia a sr. Ottavia e a sr. Benedetta, e che, di conseguenza, esse siano complici della Signora, non solo da più tempo ma anche in modo maggiore e “più intimo” di quanto non lo sia lei.  
Il rapporto che la lega a sr. Virginia, è dunque, a nostro giudizio, un’amicizia superficiale, (se di amicizia, poi, si può parlare), dato che, dalle sue dichiarazioni, non sembra potersi rilevare alcun moto di affetto, o almeno di partecipazione interiore, nei confronti di sr. Virginia: in tutta la sua deposizione non vi è la ben che minima menzione del  dramma interiore, vissuto da sr. Virginia nell’ambito della sua travagliata vicenda d’amore, oltre, come dicevamo prima, a non potersi rilevare alcun suo rimorso o crisi di coscienza.
L’unico accenno ad un eventuale possibile “rimorso di coscienza e relativo proposito di emendazione”, lo si ha quando dichiara, ma anche qui “laconicamente”: “è però stato detto Osio delli mesi che non è entrato nel monastero mentre che sendoci confessate si determinava che non ci venisse”.
Sr. Silvia si ferma all’esteriorità dei fatti. Sembra quasi senza cuore. È per questo che, leggendo le fasi del suo interrogatorio, emerge l’impressione che la sua amicizia con sr. Virginia fosse del tutto formale. Di conseguenza, viene quasi spontaneo chiedersi se, nonostante fosse nel novero delle “intime” di sr. Virginia - e possa quindi essere considerata sua “compagna, amica e confidente” - in questa “faccenda”, le abbia “tenuto mano” perché le era amica o  solo perché sr. Virginia, in qualità di feudataria nonché appartenente alla nobile famiglia De Leyva,  aveva, sia  dentro che fuori del monastero, grande influenza e potere.