Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa,

e perdonato il peccato”.

(Salmo 32, 1)

 

 

O quanto è uero, che rare siano quelle persone, che ueramente chiamare si possano penitenti, poiché molte si ritrouano, che dagl’ occhi loro scaturiscono le lacrime, ma non dal cuore; et se pure esse uengono dal cuore, il cuore non è fonte di lacrime, come esser dourebbe …” Così si esprime il Cardinal Federigo che, convinto della veridicità della conversione della De Leyva, decide, come abbiamo detto, di scrivere una biografia di sr. Virginia penitente, per narrarne le vicende a testimonianza di quanto possa la Grazia divina, di quanto immensa sia la Misericordia di Dio verso chi, fosse anche il peggior peccatore di questo mondo, si converte a Lui con tutto il cuore e di come possa ritenersi “Beato l'uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato” (Salmo 32, 1).

Perciò, prosegue il Borromeo, “Io uoglio hora raccontare ciò che auuenne ad una persona, la quale auuengache stata fosse di biasimevoli costumi, nientedimeno ella poi meritò per molti anni il nome di perfetta penitente, et di lei dir si possono quelle parole nel uero; (Hrm. Cap.2, n 18 et 19) che effuderit sicut aquam cor suum in conspectu Domini, et che deduxeri quasi torrentem lachrymas per diem et noctem.”.

La breve biografia stesa dal cardinal Borromeo, sottolineando il cambiamento interiore intercorso nell’animo pentito e penitente di sr. Virginia, fa passare, quasi in rassegna, le varie esperienze spirituali vissute da quest’ultima, onde evidenziarne il cammino da lei intrapreso e percorso, nella via della redenzione prima e della santità poi.

Dopo aver scritto che “questa meritò per le sue colpe un lungo e graue castigo” e che “ella fu ispirata , et insieme esortata, à confessarsi generalmente”, il Card. Borromeo precisa ed evidenzia che ciò “ella fece con tanto aiuto celeste, che da quella sola confessione diceva poi che nato era gran parte di tutto il suo bene. Imperoche le fu infuso gran conoscimento e gran dolore, e grande humiltà, e gran pazienza”.

Com’era logico supporre e come lo stesso Borromeo annota, La conversione, interiore e profonda, di sr. Virginia non può che essere un tripudio per il Cielo ma si rivela uno “scacco” per il Nemico infernale. Di conseguenza, “La … pazienza” con cui sr. Virginia accetta e vive le avversità e le asprezze della prigionia, impostale dalla pena inflittale, “fu poi combattuta dal Demonio fierissimamente ponendogli innanzi diuerse occasioni di uccider se stessa disperatamente”. Ma sr. Virginia, ormai incamminata con decisione sulla strada della fede: non “demorde”, non si perde d’animo ed affronta il combattimento interiore confidando unicamente in Dio.

È così che, sebbene, “passati poi che furono alcuni anni in simili battaglie, sopravennero le infirmità molto aspre accompagnate da gran pouertà, e da disagi continui e lunghissimi”, la Grazia e l’aiuto divino non le vennero mai meno, tanto che “dalle infirmità ella ne fu talvolta liberata per miracolo assai manifesto”. Inoltre, nota il Card. Borroeo, “in questo tempo (della carcerazione) le consolazioni diuine assai sourabbondauano, et le lagrime sopramodo. Di conseguenza, come dicevamo sopra, se da una “parte i demoni con strepiti, e con alcune uoci confuse, e con grandi spaventi non lasciavano di tentarla”, dall’altra “ella coraggiosamente combattendo resisteua; in tanto che nello spacio d’intorno à quindici anni, per quanto si è potuo conoscere, ella giamai non hebbe cosa che fosse da giudicarsi colpa graue, ne cosa degna di molta riprensione, ma l’humiltà, et la pazienza, et il silentio erano ueramente cose grandissime in lei”.

Il Cardinal Federigo non tralascia di sottolineare anche la singolarità dell’atteggiamento che sr. Virginia, ravvedutasi e profondamente convertita, nutre per il giudice che l’ha punita. Scrive infatti il Borromeo: “Ma auuengache si fatte cose siano state da ammirarsi, et da celebrarsi insieme, niuna però mi è paruta di uedere in essa più insolita, e più ammirabile, che quella che io hora racconterò. Ella fu punita… severamente; e come ogn’un sa, e proua, … troppo teneramente non si amano i giudici et gli accusatori… Hora in questa persona così no adiuenne, poiche, nel principio dela nuoua uita, quando ella fece quella sua confessione di cui sopra si è ragionato, le fù impresso incontinente un’amor grande uerso tutti quelli che erano stati esecutori dei suoi castighi, e singolarmente uerso il giudice, stimando quello il maggior amico, ch’ella giamai hauesse hauuto”.

Dal Ripamonti veniamo a sapere del mutamento di atteggiamento, avvenuto nell’animo di sr. Virginia, anche nei confronti dello stesso Cardinale. Annota infatti lo storico che sr. Virginia, “Ebbe poi a confessare ella stessa, che credeva tutte le inimicizie ed i rancori altrui esser un gioco a petto dell’acerbo male ch’ella voleva al suo liberatore. Così prese ella a chiamar il cardinale dopo che, rinnovellata dal pentimento, cominciò a prezzare secondo il vero il ricevuto benefizio, e sensi di gratitudine ed ammirando amore successero all’odio verso chi recise il filo de’ suoi misfatti. … Poiché … appena, sgombro l’animo dalla caligine, potè vedere da che sozzura fosse uscita, s’accorse a cui principalmente dovesse sua salute: e volta la rabbia in venerazione e pietà, lo teneva in se stessa a luogo di padre, e più che uomo per grandezza di virtù e di sapere”.