Signore, apri le mie labbra

e la mia bocca proclami la tua lode ”

(Salmo 51,17)

 

 

Il Cardinal Borromeo, dunque, si rallegra dinanzi a un simile mutamento verificatosi nello spirito di sr. Virginia e “plaude” alla grandezza della Divina Misericordia che ha coronato tale conversione concedendole sì eccelsi doni di Grazia.

Ma il desiderio del Cardinale non è solo quello di “celebrare” i miracoli della Grazia e, di conseguenza, non si limita all’intenzione di stendere la biografia di sr. Virginia per proporla quale esempio di “perfetta penitente”.

Infatti, come scrive Paccagnini, il Cardinal Federigo era convinto che “il venire a conoscenza di qualche mistico è anch’esso un dono celeste, che dipende dalla sola liberalità divina”. Perciò, “con le personalità di monache più ricche di spiritualità Federico non esita … a intrattenere un nutrito scambio epistolare, e questo senza badare al passato di esse monache”.

Inoltre, il Cardinale, non si limita a mantenere tale corrispondenza con le diverse monache, ma “tale scambio, … coinvolge altre monache attraverso la persona del Cardinale” e tale scambio, deve servire come stimolo per quelle monache o comunità che si mostrino tiepide o meno fervorose. … a tutte il cardinale sembra rispondere, prestando attenzione ma non cessando mai la raccomandazione dell’humiltà”.

Di conseguenza, anche nel caso di sr. Virginia, il Card. Borromeo, una volta certo della nuova vita da questa intrapresa e delle Grazie celesti di cui è favorita, decide di incaricarla di scrivere ad alcune monache della diocesi, che si trovavano in una situazione spirituale critica, al fine di confortarle ed esortarle ad intraprendere con decisione la via della conversione a Dio come lei stessa aveva fato ricavandone molto frutto.

Sr. Virginia obbedisce e, in tutta umiltà, affidandosi al Signore, affinché sia Lui ad “aprire le labbra e la bocca del suo cuore per poter proclamare la lode del Signore” (cfr. salmo 51,17) attraverso quanto ella si accinge a scrivere in ottemperanza ai voleri del Cardinale, inizia una corrispondenza con alcune monache.

Scrive, ad esempio, ad una monaca della Diocesi, una lunga lettera esortativa, in cui, umilmente, presenta anche il suo caso e narra i suoi trascorsi, onde invitare e spronare la consorella a confidare nella Misericordia di Dio.

Come rileva Paccagnini, sia nel caso di sr. Virginia come delle altre monache che, su invito del Cardinale, corrispondevano con altre monache, “Le lettere alle suore venivano inviate in busta aperta allo stesso cardinale, che provvedeva poi ad inoltrarle alle destinatarie. Queste stesse lettere il Cardinale si riservava poi di richiederle indietro per gli usi che meglio avrebbe individuato. Tale procedura contribuisce a spiegare con plausibili motivi, la presenza nell’epistolario federiciano delle due lettere di sr. Virginia Maria ad altrettante consorelle, e a rimuovere l’equivoco di una supposta opera censoria da parte del cardinale”.

Abbiamo così visto come sr. Virginia, dall’abisso del peccato in cui era caduta, guidata e sorretta dalla Grazia divina, Grazia a cui ella ha, tra l’altro, corrisposto pienamente, aderendo e assoggettandosi con tutto il cuore alla severa punizione impostale a sconto dei suoi molteplici crimini, sia poi rinata alla vita di Grazia, percorrendo il faticoso cammino dell’ascesi e della penitenza per giungere, infine, alle vette della vita mistica.