Cerca la gioia nel Signore, esaudirà i desideri del tuo cuore”

(Salmo 37,4)

 

 

Constatata la veridicità dell’intensa spiritualità mostrata da sr. Virginia nella sua corrispondenza col Cardinale, diamo, qui, un breve sguardo alle due lettere da lei scritte, su esplicito desiderio del Cardinale, ad una monaca della diocesi.

Leggendo la prima lettera che sr. Virginia le scrive, non si può non restarne stupiti, constatando come questa sembri essere stata scritta ispirandosi all’ultimo tratto della lettera di S. Paolo agli Efesini (in particolare Ef. 6,10-18). Tale testo biblico, non solo sembra informare la missiva di sr. Virginia ma si ha l’impressione che esso “emerga”, come in filigrana, ad ogni rigo.

È da tener presente che, nel 1600 la diffusione dei testi biblici non era, come oggi, facilmente alla portata di tutti. Perciò non è da escludersi che sr. Virginia, con molta probabilità, non solo non avesse presente tale testo neotestamentario, ma … forse neppure lo conosceva.

Se così fosse, tale “stretta somiglianza” non potrebbe certo essere meramente “casuale” e ciò significherebbe che “Chi” aveva “ispirato” S. Paolo, aveva “guidato” anche il cuore e la mano di Sr. Virginia nello stendere quello scritto.

Analizziamone, allora, alcuni passaggi. In questa prima lettera, sr. Virginia si presenta alla suddetta monaca dicendo: “Io vilissima e miserabile più che tutte l’infelice peccatrice del mondo […] non sò che dirmi se lo In namorato Christo non Parla al cuor mio nella quale in creata Bonta Humilmente confidata […] Diro brevemente e svisceratamente nel Nome del Signore queste poche parole”. Dopo di questo, passa ad esortare fraternamente la consorella, consigliandola di fondarsi nell’umiltà: “Prego a dunque Vostra Signoria et la supplico per le viscere di nostro Signore a disponersi a una profonda et in trinseca Humilta dimandata pero assiduamente con lacrime et sospiri Alla Sua Divina Maesta” e si unisce a lei nell’implorare questo dono dal cielo spegandole anche quale grande tesoro esso sia: “io la in vitto a prostrarsi in sieme mecho Havanti il crocifixo giesu et riconoscere un tanto previlegiatissimo Dono et dimandare per lei jet per me questa Profitevole recognitione come anche io l’adimando per ambe due che hautone una scintila non Perturba né rincresce la strada dela santa Humiliatione, et Penitenza, anzi che in quella non sollo lanima ma ancora il corpo ritrova la vera Pacce et quiete […]. Sr. Virginia parla “per esperienza” e sa bene, dunque, che “al Prencipio che la persona si dispone di corrispondere alla gratia Divina et voltare le spalle alle cose transitorie et momentanee il maligno adversario come cane arabbiatto stimola atrocemente quela anima che non Potra maij pervenire a questo utilissimo desiderio di risbasamento et Penitenza”, perciò mette in guardia la consorella affinché “non si sgomenti ponto Vostra signoria ma totalmente con fidata nella in mensa misericordia del Signore si facia valorosa guerriera, et abatti con il mezo della santa et perseverante oratione chi volle abatterla Leij, et si allontani et discosti da ogni affetto proprio et mondano che veramente con lagrime confesso esere tosico veneno et morte de la regligiosa et mortale suo Precipitio” . È proprio in questo passo che, emerge in tuta chiarezza il parallelismo con il testo della lettera agli Efesini, dove S. Paolo scrive “Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di carne e di sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tute le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi” (Ef. 6, 10-18).

Di poi, sr. Virginia, onde evitare di dare alla monaca cui scrive, l’errata impressione di “volerle fare la predica”, umilmente aggiunge: “et per in nanimarla diro anco questo a Gloria della santissima Trinita, e mia confusione sappia Vostra Signoria che io sono delle maggiori Peccatrice del mondo, cloaca veramente Puzzolente alle nari de idiote per li miei Peccati à voluto la giustizia del signore che sia stata Posta in un carcere […] ma in talle Presure, considerando che mi era cangiato la carcere infernale in quella dove mi era conceso tempo di riconoscermi e lodare e benedire la Divina Maesta e procurare la gia perduta gratia del signore […] si signora che nelle Penitenze et confusione si ritrova Christo e non si cangerebe questo statto in esere la primadonna del mondo”.

Anche la seconda lettera che sr. Virginia destina a tale monaca, è un susseguirsi di “comunicazioni spirituali fondate in Dio”. Dopo essersi rallegrata per i progressi nella via delle virtù conseguiti dalla consorella (“Rallegrandomi in Dicilmente dil progresso nella santa virtù e spirito che dal suo scrivere com Prendo […] Havendo preso con rasignatione la mortificatione et patimenti nella voluta d’idio e de soij superiori mi rallegro dico de questa sua pronta voluta, e sacrificio de se medema, in haversi mortificata et patito streteze per Cristo”), sr. Virginia esorta umilmente la consorella, a puntare e contare non sulle proprie forze ma solo e unicamente sull’aiuto divino che proviene dalla preghiera perseverante (”prendiamo forza et animo valoroso, Vostra Signoria e mè in sieme, molto più debole di lei jet con l’agiutto de la Humile, et frequente oratione, […] risolviamo di dovere sollamente e fidelmente attendere all’aquisto dello amore Divino, il quale non entra in petto se non Humile, e vuoto di ogni mondano affetto”),

Sr Virginia, dopo aver esortato la consorella a cercare “ la gioia nel Signore”, il Quale “esaudirà i desideri del suo cuore” (Salmo 37,4), la esorta anche a rendere grazie a Dio per le sofferenze che possono giungerle (“La prego signora mia quanto posso a Rallegrarsi e gioijre con Rendere infinite gratie a dio benedetto in qual si voglia moddo habbia Vostra Signoria favorita del Patire, e lo tenghi per caparra verdadera dil paradiso, et a talle acquisto assiduamente e puramente attendiamo”).

Infine sr. Virginia si affida alla carità della consorella confidando di essere ricordata nella di lei preghiera e assicurandola che ella farà altrettanto (Confido assaij nella carita di Vostra Signoria in Cuj spero gettanra qualche sospiri al costato di Cristo adimandandoli misericordia, et contrizione per mé miserabile che così la suplico et prego di fare, et io per non mancare all’affetto spirituale che gli porto non ò mancato quotidianamente raccomandarla strettamente a al Signore nostro ne lasiaro per l’avenire, ancora che in degnissima sij de ricevere gratie, et vado sperando debba Vostra Signoria restare consolata, ne soij giusti desij).E nel terminare la sua missiva, non tralascia di ricordare alla consorella che “La Pazienza, L’Humilta et oratione acquistano il tutto”.