la relazione con l’Osio: “Odi et amo” un’alternanza di desiderio e rimorso, passione e timore

“ Signore, non castigarmi nel tuo sdegno, non punirmi nella tua ira”.
(Salmo 38,2)

 

 

La storia di una relazione in monastero, è una notizia troppo scottante (oltre che “intrigante” e “ghiotta”) per poter passare sotto silenzio, soprattutto se si tiene presente chi erano i protagonisti: niente di meno che la bella feudataria e il giovane conte Osio, suo vicino di casa, il quale, per di più, aveva la fama di essere un incorreggibile  scavezzacollo e un  infaticabile rubacuori.
Si tenta di “smorzare” tali dicerie, mettendo in giro la voce che Gian Paolo intenda farsi religioso e che, quindi, quella con sr. Virginia, è un’amicizia squisitamente spirituale, generata e sorretta dal comune desiderio di tendere a Dio.
Nessuno, però, ovviamente, ci crede (non fosse altro che per i trascorsi libertini dell’Osio  e la sua fama di dongiovanni), sebbene, come testimonia sr. Costanza (la quale, in qualità di “ascoltatrice” era presente) nei  vari incontri  in parlatorio, l’Osio “parlava molto modestamente et diceva… parole di compimento , et pareva che egli havesse  un gran rispetto”.
Sr. Virginia, in cuor suo,  sa che ciò che sta facendo “è male”, poiché, come Manzoni ben evidenzia  nelle Osservazioni sulla Morale Cattolica, “le verità della fede e la legge morale sono naturalmente scolpite in ogni animo”.
Sr. Virginia, dunque, sa di “essere sulla via dell’errore”, ma, ciononostante, non riesce a farne a meno di spiare segretamente l’Osio, quando egli si trova nel suo giardino e di intrattenere con lui una tenera amicizia, fatta di affettuose missive e doni scambiati.
Non è che ella non tenti in alcun modo di reprimere quest’affezione, ma ogni sforzo sembra cadere nel vuoto.
Leggiamo, infatti, nella sua deposizione al processo: “essendomi detto … che detto Osio stava nel giardino, io mi sentij venire uno desiderio  di vederlo e perché feci forza a me stessa, venni manco sopra una cassa e questa cosa più e più volte  mi  è intervenuto…”.
Seguono altri scambi di doni (tra cui un crocifisso d’argento che, inizialmente, sr. Virginia rimanda al mittente, ed una “calamita battezzata”, che sarà, poi, al centro delle vicende processuali), lettere che trattavano “di santità et purità e dell’amore et intenzione sua (dell’Osio) che era pura e netta” e alcuni incontri in parlatorio in cui l’Osio ”mostrò quella maggiore modestia che si potesse più immaginare”.
Nel frattempo, l’Osio, chiede ed ottiene un primo incontro, notturno e segreto, nel “parlatorijno del confessore”,  ottenendo la chiave per accedervi da sr. Ottavia (amica e confidente di sr. Virginia) la quale “la buttò dal giardino delle monache per di sopra del muro in strada al detto Osio e così esso entrò …”.
A seguito di quest’incontro, sr. Virginia si ammala, forse anche per gli angoscianti rimorsi che certo devono averla presa dopo l’accaduto. Sa di far male a far quello che fa. Non è da escludersi perciò che tali eventi abbiano scatenato in lei la “bufera” del rimorso più atroce e, sapendo che ciò che aveva intrapreso e non aveva il coraggio di interrompere, era contro la legge di Dio (non dimentichiamo quale rigida educazione religiosa - in cui Dio era presentato come un giudice severo e inflessibile - avesse ricevuto da bambina) chissà quante volte, in cuor suo, era avrà supplicato il Signore dicendo: “Signore, non castigarmi nel tuo sdegno, non punirmi nella tua ira”. (Salmo 38,2).
L’indisposizione dura diverso tempo, accompagnata dai propositi di sr. Virginia di non rivedere più Gio Paolo (anche se egli, nel frattempo, continua ad “assediarla” con doni e missive). Quando, però, si ristabilisce gli incontri riprendono e, dopo ulteriori scambi di regali, incontri notturni in parlatorio si hanno i primi incontri ”dentro dalla prima porta del monastero”, cioè sulla porta, aperta, della clausura (Gio Paolo fuori e sr. Virginia dentro) e, questo, sempre con la complicità di sr. Ottavia e sr. Benedetta (altra amica della Signora).
Anche in questi incontri  i due  giovani parlano sempre di “cose di creanza” sebbene, l’Osio, ad un certo punto, dichiari a sr. Virginia che ci “si poteva baciare adducendo un’autorità di S. Agostino et con bel modo”.  Sempre sulla scia di quanto asserito, chiede di poter entrare all’interno del monastero. Sr. Virginia si oppone dichiarando che non voleva che entrambi incorressero nella scomunica, ma, anche questo “dilemma di coscienza” viene dall’Osio superato inviando a sr. Virginia il Graffio “un libro in stampa – come testimonia sr. Virginia stessa – quale è un libro che tratta di casi di coscienza e di penitenza … qual libro conteneva, per quanto mi disse  (il libro, infatti è in latino, lingua che sr. Virginia non conosce, ed ella  “accetta”, quindi, per vera la traduzione che le  fornisce l’Osio) che non era scomunica a lui l’entrare nel monastero ma bene era la scomunica alla monaca all’uscire dal monastero, quel libro era del detto prete Paolo Arrigone”. Sr. Virginia, però resta perplessa e il tempo passa.
Trascorre l’estate. Sr. Virginia continua ad essere titubante ma poi cede. A Natale, l’Osio ottiene, così, di entrare in monastero e, quindi, nella camera di sr. Virginia. Nonostante le continue remore morali, gli incontri, man mano, si intensificano, fino a giungere a due o tre alla settimana.
A seguito di ciò, sr. Virginia resta gravida. Questa prima gravidanza si conclude con la nascita di “un putto morto” che sr. Ottavia e sr. Benedetta consegnano “a suo padre che lo portò fuori dal monastero … e lo portò fuori la notte seguente che egli entrò nel monastero et nella camera di sr. Virginia Maria che la visitò e poi si partì”.
Dopo il parto, sr. Virginia è presa da un profondo stato di prostrazione psico-fisica e da intensi rimorsi. Le crisi di coscienza, che accompagnano tutto il suo rapporto con l’Osio, si acuiscono fino a portarla, nel tentativo di liberarsi “da questa affezione”, prima alla pratica magica della coprofagia (mangiare gli escrementi dell’amato) e, poi, sull’orlo della disperazione, a decidere di gettarsi nel pozzo del chiostro per suicidarsi (dal tentato suicidio la salva l’immagine della Vergine che la fa esitare, permettendo così a sr. Ottavia di giungere in tempo e di distoglierla da tale nefando proposito).
Decisa a por fine a questa relazione, delibera di non rivedere più Gio Paolo e, a tal scopo, intensifica preghiere e penitenze corporali “quanto era humanamente possibile” , fa pregare e manda doni e offerte votive a diversi santuari (tra i quali, la citata tavoletta votiva alla Madonna di Loreto, raffigurante “un puttino et una monaca in genochio”).
Inizialmente, i propositi di sr. Virginia sembrano tenere e così ella vive, per alcuni mesi, un periodo di tranquillità interiore.
L’Osio, nel frattempo, sebbene non cessi di protestare a sr. Virginia il suo amore e il suo desiderio di riprendere i loro incontri amorosi, intraprende (sembra su invito insistente di sr. Virginia stessa) un pellegrinaggio, prima a Loreto e poi a Roma (qualcuno sostiene che a Roma vi si sia recato, sempre su pressione di sr. Virginia, per confessarsi dal S. Padre e farsi assolvere da lui di essere entrato in monastero e… di quanto successovi).
Quando torna da Roma, però, Gio Paolo “volea tornar dentro al solito” ma sr. Virginia “gli diede ripulsa con dire che non lo voleva più et così per quattro mesi continui stette che non lo volse di dentro”.
Ma i “buoni propositi”, vengono infine vanificati a causa della corte serrata che l’Osio continua a farle, tramite lettere e doni, e sr. Virginia accetta ancora di introdurre l’Osio nella sua stanza. Resta così gravida per la seconda volta e a mezzogiorno di domenica 8 agosto 1604, nasce Alma Francesca Margherita.