“Come potrà un giovane tenere pura la sua via?

Custodendo le tue parole”.

(Salmo 119,9)

 

Come abbiamo visto, Marianna De Leyva cresce nello “splendido isolamento” di Palazzo Marino, ovvero in un palazzo esteticamente magnifico, ma sola ed in un “clima familiare” privo di ogni ben che minimo calore umano, affidata a balie e precettori, forse anche a qualche educandato, senza mai sperimentare la gioia e il calore di un rapporto affettivo autentico (cosa che, come vedremo in seguito, avrà profonde risonanze sia nel suo rapporto amoroso con Gian Paolo Osio, sia nel suo rapporto materno con Francesca, la figlia avuta dall’Osio), e, una volta entrata in religione, si trova a vivere in un monastero, quello di S. Margherita, che gli storici definiscono “tetro e uggioso” 

Se tale è l’atmosfera che ha caratterizzato la sua crescita umana ed intellettiva, non dissimile è stata anche la sua educazione religiosa. 

Siamo, infatti, nel seicento, in un ambiente fortemente “filo ispanico”, dove l’atmosfera rigida e inflessibile della Contro Riforma cattolica era imperante.  Questo deve aver sicuramente influito  sul tipo di educazione religiosa ricevuta da Marianna (tramite le diverse persone che hanno contribuito alla sua crescita e formazione). 

Inoltre, anche se inizialmente Marianna sembra essere destinata al matrimonio, non è altresì da escludersi la possibilità che, un’ educazione orientata in tal senso, sia stata contemporaneamente  affiancata da un’altrettanto “scrupolosa” educazione finalizzata al chiostro. (non dimentichiamo infatti la “nefanda” presenza a Palazzo Marino, di quella “religiosissima”, terribile zia, piena di scrupoli e “fobie religiose”). 

Notiamo, poi, che sono cause “contingenti” (economiche e sentimentali, aggiunte alle mai soppresse ambizioni nell’ambito della carriera militare) quelle che spingono il padre di Marianna ad “immolarla”, votandola al Chiostro, nell’intento di liberarsi, “senza troppa spesa” di una figlia divenuta “scomoda”. 

Il mero calcolo umano, privo di ogni aspetto religioso, spinge perciò, don Martino ad indirizzare la figlia verso la vocazione monastica e la semplice adesione ai voleri paterni porta la tredicenne Marianna a “varcare la soglia” claustrale e a divenire, poi, “monaca per sempre”.

È così che, Marianna entra nel Monastero di S. Margherita in Monza. 

Monza era, all’epoca, una cittadina di 5730 anime circa, di cui i De Leyva erano feudatari, cosa questa che assicurava a Marianna un prestigio indiscusso, e, di conseguenza, una posizione di privilegio e di assoluto rispetto, anche tra le mura monastiche. Di ciò doveva esserne certo, e ne era sicuramente convinto, il padre, il quale, poiché, come ci informa Manzoni, “non desiderava che la sua figlia fosse infelice, ma semplicemente ch'ella fosse monaca”, deve aver senza dubbio tenuto conto di questo nello scegliere il monastero nel quale “collocare” la figlia e deve aver giudicato, di conseguenza, quello di Monza, “il luogo più adatto” affinché il “prestigio” della famiglia fosse rispettato e onorato secondo le vigenti “norme sociali”. È sempre in quest’ottica, non è cosa da scordare, che, nell’educazione impartita da don Martino alla figlia (o, più precisamente, dai vari educatori da lui preposti alla formazione di Marianna), l’accento era stato posto pressoché esclusivamente sul prestigio che ella, in qualità di Madre Badessa, avrebbe esercitato in monastero, alimentando così, nell’animo della giovinetta, “l’orgoglio di casta”, la “fierezza di carattere”, … e quant’altro potesse contribuire a presentarle il Monastero, non come  “casa del Signore” ma quale “feudo” su cui ella avrebbe “regnato”. Niente di più lontano da ciò che è l’essenza intrinseca della vita religiosa nonché della stessa vita cristiana.

Qui, dunque, nel monastero di S. Margherita, il 15 marzo 1589, all’età di tredici anni, nel pieno rispetto delle norme canoniche che ponevano come limite minimo per la vestizione il dodicesimo anno, Marianna veste l’abito religioso ed inizia il noviziato, assumendo, in ricordo della madre morta, il nome di sr. Virginia Maria.

E date tali premesse, “Come potrà un giovane tenere pura la sua via? Custodendo le tue parole” ci risponde il Salmista, e, all’inizio almeno, Marianna resterà fedele a questo “programma”.