DIGIUNO E PSICOPATLOGIA:

L’ANORESSIA NERVOSA

 

Il cibo ed il modo di consumarlo hanno un valore simbolico elevato per l’umanità, ed esso è un indicatore importante dello stile di vita di una popolazione, delle sue tradizioni, dei suoi costumi e dei suoi valori.

Il rapporto con il cibo è variabile sia da un punto di vista socioculturale che storico. Ogni forma di alimentazione è segno dei tempi, non solo riguardo ai gusti, ma anche per quanto riguarda la quantità.

Negli ultimi decenni il rapporto con il cibo è cambiato. Ci si alimenta in fretta e tra un impegno e l’altro, inoltre, si sta molto attenti alle calorie che si assimilano. 

E’ dagli anni sessanta-settanta che il “modello magrezza” ha iniziato a propagarsi sempre di più, e si è fatto strada un termine prima quasi sconosciuto: DIETA.

Al dimagrire viene arbitrariamente attribuita tutta una serie di significati come  “essere carini”, “essere accettati”, “avere successo” e così via.

E’ abbastanza facile, quindi, che nella fase adolescenziale, per le ragazze (ma talora anche per i ragazzi) s’inneschi il problema delle diete e che tutto il disagio, il rifiuto, la bassa autostima di sé vengano buttati in un accanimento nel  “non mangiare” che preoccupa gli adulti, in particolare i genitori e che può tramutarsi in disturbo del comportamento alimentare.

Sono diversi i fattori che possono attivare un DCA (disturbo del comportamento alimentare): stress, cambiamenti, forti emozioni, difficoltà scolastiche o lavorative; ad esempio, per l’adolescente non è facile accettare il cambiamento del proprio corpo e gli altri mutamenti ad esso associati: cambiamenti psicologici e sociali.

Imparare ad accettare il proprio corpo non è che imparare ad accettarsi così come si è: il corpo è investito di spinte, tensioni, attese, desideri che riguardano la sfera intima del sé, ma che vengono proiettate  “fuori” come se il corpo avesse delle zone buie, dei buchi neri dei difetti inaccettabili. Il corpo nella fase dello sviluppo e nelle annesse disarmonie di crescita, rischia di essere sentito come estraneo irriconoscibile. 

E’ importante rendersi conto che un cero modo negativo di vivere il corpo immette in un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

La crescita, gli anni, la vita si incaricano anche di modellare il corpo, ma una buona partenza consiste nel piacersi almeno un poco, nel’autoconsapevolezza che  “esserci” significa  “esserci con quel corpo”  e non con un altro.

Una delle forme più comuni di DCA, di pertinenza psichiatrica e psicoterapeutica è l’Anoressia Nervosa. Tale disturbo è notevolmente diffuso nella società occidentale 

contemporanea, con netta prevalenza nelle adolescenti femmine.

 

 

Molte pazienti sono descritte dai genitori come ex-bambine modello, desiderose di essere sempre all’altezza dei compiti e serene fino all’adolescenza, allorché -in seguito a conflitti psicologici più o meno evidenti, o a situazioni competitive difficili da risolvere- hanno iniziato a presentare i primi sintomi.

Le manifestazioni fisiche dell’anoressia nervosa non si limitano al forte calo di peso, all’amenorrea, all’iperattività neuro-muscolare ma c’è tutto un corredo di sintomi organici attribuibili alla denutrizione, all’alimentazione disordinata e allo stress che deriva dalla lotta che le anoressiche ingaggiano con il cibo. Spesso ci sono anche manifestazioni di sintomi depressivi e sintomi ossessivo-compulsivi, relativi o meno al rapporto col cibo.

Il termine  “anoressia”, deriva dal greco an-orexis che vuol dire  “mancanza del senso di appetito”, e si riferisce ad un disturbo del comportamento oro-alimentare ed è caratterizzato dalla riduzione volontaria dell’assunzione del cibo che, nel 15/20% dei casi, può portare ad un dimagrimento letale (Sarteschi e Maggini, 1992).

Oggi esiste tra i diversi autori un notevole accordo circa la definizione nosografia dell’anoressia mentale e viene fatto riferimento al Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM IV) anche se, in alcuni casi, riuscire a formulare una diagnosi, anche attraverso il DSM-IV, non è molto facile. 

Ci sono voluti secoli perché l’anoressia, oggi definita  “Nervosa” pressoché da tutti gli specialisti, venisse riconosciuta come sindrome indipendente. Questo relativo consenso è stato raggiunto solo in tempi recenti ma restano notevoli discordanze riguardo i fattori eziopatogenetici di tale processo morboso. 

Alcuni autori prediligono i momenti biologici, altri evidenziano il ruolo di quelli psicologici dando luogo a diverse ipotesi patogenetiche.

Nell’anoressia nervosa il rifiuto del cibo e il dimagrimento si accompagnano a segni organici caratteristici, a cause psicologiche ben precise e ci sono specifiche caratteristiche di personalità. 

E’ importante evidenziare che nell’anoressia nervosa è scorretto parlare di perdita o mancanza di appetito in quanto c’è un rifiuto volontario del cibo per paura di un aumento ponderale. Una ragazza anoressica che rifiuta di mangiare, poco per volta può lasciarsi morire di fame o può presentare comunque gravi disturbi psicopatologici e psicosomatici.

In questa patologia psichico e organico sembrano intrecciarsi in modo profondo, infatti, essa è caratterizzata oltre che da un disturbo alimentare anche da un rapporto problematico con il proprio corpo e con la propria identità. Inoltre, presenta rischi di cronicizzazione, con un alto grado di comorbilità psichiatrica e con un rilevante coinvolgimento della famiglia e dell’ambiente; la dieta e la restrizione alimentare comportano non solo gravi complicanze di ordine medico a livello del corpo, ma anche rilevanti conseguenze a livello di sintomi psichici fino a compromettere la relazione con gli altri.

 

La persona anoressica esprime il proprio disagio attraverso il corpo, quindi il corpo fa da medium per comunicare dolore, sofferenza, tristezza e rabbia; ed è anche usato per chiedere aiuto.

Il corpo, in questo caso, ha la funzione di dire senza parole, attraverso il linguaggio soggettivo dell’anoressia. Esso è  “il campo di battaglia”, è  “il continente più bersagliato”, e l’ anoressica è in perenne lotta con esso per controllarlo totalmente, per assoggettarlo, per non sentirlo un inutile involucro sterile. 

L’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico e in particolare per il peso è l’aspetto caratterizzante dell’anoressia, quello che la distingue da altre patologie.

La magrezza per la ragazza anoressica diviene un valore assoluto, a cui si aggrappa e 

con il quale dà un senso a tutta la sua esistenza. Per questo essa diventa il nucleo nevrotico e il tema conduttore della malattia.

Bisogna distinguere l’Anoressia Nervosa dai casi di Anoressia Secondaria, cioè da quelle situazioni dove l’inappetenza e il relativo dimagrimento dipendono da tutta una serie di altri disturbi e malattie sia di natura organica che psicologica. 

Infatti, un dimagrimento, anche se marcato, in cui si può riscontrare un  “rifiuto del cibo”, non sempre è segno di anoressia nervosa. Ad esempio, ci sono dimagrimenti anche vistosi causati da stanchezza conseguente a stress lavorativo.

Riguardo al trattamento dell’Anoressia Nervosa vari decenni di sistematica ricerca, hanno mostrato la necessità di intervenire con un approccio multidisciplinare ed integrato, che tenga conto sia del versante biologico che di quello psichico e che consenta, insieme a un abbandono del sintomo e della condotta alimentare, una risoluzione delle problematiche intrapsichiche e relazionali. E’ anche importante porre un’attenzione particolare al corpo. Il recupero di un’adeguata immagine corporea e di una corretta modalità percettiva e cognitiva nei confronti degli stimoli corporei è assolutamente basilare ai fini di un reale progresso terapeutico.

Va anche considerato che molti autori hanno evidenziato la grande fatica nel suscitare una domanda di cura e una motivazione al trattamento nelle pazienti anoressiche.

 

Dr. Marilena Motta, psicologa e psicoterapeuta